Ospite di eccezione: la signora Tara Gandhi, nipote del Mahatma Gandhi ed interprete attiva del suo messaggio, che ha intessuto un dialogo con i giovani presenti in piazza per comunicare loro frutti ed esigenze del metodo non-violento in vista della costruzione della pace.

   

 

Lei è una persona conosciuta in tutto il mondo come nipote di Gandhi. Cosa si sente di dire a noi, in questa piazza?

Prima di tutto ringraziarvi per la vostra generosità e il vostro messaggio di pace, attraverso anche la musica. E la musica è preghiera.

Gandhi, finché era in vita era indiano. Ora, dopo la morte, lui appartiene a tutta l’umanità.

Io sono biologicamente sua nipote, ma, spiritualmente, lui appartiene a voi.

 

Come possiamo in ogni luogo cercare di portare avanti il suo messaggio?

Gandhi non aveva un Gandhi davanti a lui. Lui ascoltava la propria coscienza. Questo è il suo messaggio di autosufficienza.

Quando qualcuno chiede cosa avrebbe fatto Gandhi oggi, penso sia una domanda sbagliata.

L’oggi dipende da noi, da ciò che facciamo con la nostra vita. Gandhi ha trattato la sua vita, la sua mente, la sua anima come dono di Dio. E ciò che ha fatto era per lui cosa molto sacra. Lui ha lottato sempre dicendo: la mia vita sperimenti la verità.

Il suo messaggio di non violenza vuol dire avere il coraggio di insistere sulla verità con amore. In sintesi: coraggio, amore e verità.

Lui cercava la spiritualità. Aveva il coraggio di un guerriero, ma vestiva come un contadino in azione. La non violenza, infatti, non è passiva. E’ azione.

E questo momento di grande sfida che viviamo nel mondo può essere un momento magico, perché possiamo fare la conversione, non all’una o all’altra religione, non all’una o all’altra filosofia, non all’una o all’altra cultura, ma convertirci dalla violenza alla non violenza!

 

Come porta avanti la sua azione lei in concreto?

Non è una medicina che si compra in farmacia... Bisogna cominciare da se stessi. E’ molto facile dire all’altro non fare guerra. Sono io invece che devo avere il coraggio di essere non violenta.

Tutti siamo oggi legati da un filo: può essere un filo d’amore o di paura. Dobbiamo abbattere il filo negativo di paura con il filo dell’amore. Non posso giudicare gli altri. Io lo so per me: è molto difficile riuscirci, ma questo è il messaggio di Gandhi.

 

 

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Un contributo prezioso l’hanno portato giovani provenienti da Paesi dove i conflitti armati sono purtroppo di casa.

Significativa l’attiva partecipazione di giovani di religioni diverse.

 
 

Voci ascoltate con grande partecipazione quelle di Muhannad dell’Iraq, Martine della Costa d’Avorio, Jovin del Burundi ed Efi, musulmana dell’Indonesia, che hanno raccontato le situazioni di violenza che i loro popoli stanno vivendo e testimoniato con dignità il prezzo da pagare nel costruire la pace.

Ivana, degli Stati Uniti ha spiegato come, insieme ad altri giovani statunitensi, sta portando avanti, a volte anche controcorrente, diverse iniziative a favore della pace pur tra gli attuali venti di guerra.

Poi poesia e preghiere di ragazze musulmane del Marocco, dell’Algeria, della Palestina, e di giovani buddisti del Tibet.

Varie ed impegnate le testimonianze e le proposte di pace dei giovani di Trento.

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Jovin

Burundi

Negli ultimi decenni nel mio paese vi sono stati molti e gravi conflitti etnici. Il peggiore è iniziato dopo l’assassinio del neo-presidente nel 1993.

Tutti dovevano imparare ad usare il fucile: uomini e donne, bambini e adulti. Questo provocava nel cuore di tanti l’odio, la rabbia e la voglia di vendetta.

Io mi facevo una domanda: come cambiare questa situazione?

Un giorno, proprio nel mio villaggio, ci fu uno scontro fra i militari del governo e i ribelli causando una cinquantina di morti. Conoscevo tutti. Mi convinsi che prendere le armi e combattere sarebbe stata la soluzione giusta per difendere la mia gente.

Un giorno dopo la messa domenicale capitai per sbaglio, volevo ripararmi dalla pioggia, in una sala dove si faceva un incontro sulla parola di Dio e mi invitarono a partecipare. Erano persone diverse dalle altre perché mettevano il Vangelo nella vita quotidiana. Rimasi sconvolto e feci mia quella sfida.

Mi trovai all’università dove le divisioni erano più acute. Conoscevo tanti giovani di tutte le etnie.

Tanti erano quelli che avevano perso i loro parenti in guerra e vivevano di odio e vendetta. Studiare in queste condizioni non era facile. Cercavo di salutare ciascuno la mattina prima della lezione, anche se tanti mi consideravano matto.

Volevo farmi amico di tutti per convincerli che solo l’amore e il dialogo erano la soluzione ai nostri problemi. Ho subito accuse, critiche, persecuzioni, anche dalla mia stessa etnia . Ma cercavo di vendicarmi con più amore.

Intanto con altri amici organizzavamo spettacoli in diversi posti per diffondere la pace, raccolte di vestiti per i poveri, giornate di sport.

Due anni dopo, un compagno di facoltà mi confidò che mi aveva messo nella lista di gente da eliminare. Vedendo però il mio comportamento cambiò i suoi piani, e buttò via la pistola che portava nei pantaloni.

Piccoli fatti, forse, ma mi hanno convinto che l’amore può cambiare davvero tutto.

 

 
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Il mio paese, l’Indonesia, è per la maggior parte  musulmano. Anch’io con la mia famiglia lo siamo.

Da circa 6 anni lavoro in un’organizzazione per la risoluzione dei conflitti all’interno del nostro paese. Lavoro per la pace nel conflitto fra l’esercito indonesiano e il movimento indipendentista, anche per le tensioni che ci sono fra membri di religioni.

A causa di questa situazione, ho attraversato un momento di forte crisi. Non ne potevo più dei morti che ogni giorno vedevo per strada, delle ripetute violenze, dei rapimenti e del clima di odio… Vedevo la pace sempre più lontana…

Attraverso un incontro interreligioso vengo in contatto con persone cristiane.   Per la prima volta ho sentito che il “vero amore” può incidere anche nella società civile. Mi sono riconciliata con Allah a cui da anni chiedevo la pace per la mia gente, quel Dio che stavo abbandonando. Ho fatto l’esperienza che attraverso il dialogo, la conoscenza reciproca si può costruire la pace e viverla insieme.

Da quel momento non mi sono sentita più sola, avevo trovato persone che come me soffrivano e vivevano per l’umanità.

Adesso per alcuni mesi sono a Loppiano, vicino a Firenze, non so se lo conoscete… Vivo con persone di diverse parti del mondo. Essendo l’unica musulmana, all’inizio del Ramadhan – il mese di digiuno per noi musulmani – mi chiedevo se ce l’avrei fatta. Mi sono affidata a Allah, Lui mi avrebbe aiutato.

Ho spiegato alle altre cos’è il Ramadhan. La loro risposta è stata immediata: subito mi hanno dato una stanza per la preghiera, mi preparavano il cibo da consumare prima dell’alba… Non avevo mai trovato un amore così concreto. Non mi accorgo quasi di essere l’unica musulmana; l’amore ci fa una famiglia.

Sto capendo che se imparerò ad amare avrò imparato tutto. Ed ogni cosa sarà semplice. La pace e l’unità possono essere un’utopia, se non c’è l’amore!

Efi

Indonesia

musulmana

 

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Martine

Costa d'Avorio

Vi porto un saluto e un messaggio dai giovani del mio paese.

Forse sapete che sono in corso scontri violentissimi tra militari dell’esercito e gruppi di ribelli. Le cause sono complesse, come gli interessi economici in gioco.

Nelle milizie ribelli ci sono molti stranieri e questo ha alimentato un grande odio verso gli immigrati dei Paesi vicini.

Quando io ero qui in Italia, i miei amici, con i quali vivo e credo in un mondo unito, hanno deciso di non lasciarsi condizionare da discorsi di divisione e odio.

Sono andati presso una bidonville, abitata da stranieri per portare conforto e aiuti concreti. Tutti lì si rivolgevano a Dio per chiedergli la pace. Ora lo facciamo insieme alle ore 12 di ogni giorno.

In dicembre poi la situazione si è aggravata: la gente scappava in massa dalla città. In pochi giorni quasi 1500 persone si sono rifugiate a Victoria, una cittadella del Movimento dei focolari.

La situazione anche lì non era facile. Gli unici rumori durante la notte erano sparatorie continue e bombardamenti della vicina linea del fronte.. Ogni sera non si sapeva se all’indomani si era ancora vivi. L’elettricità era saltata le riserve dell’acqua potabile minime e così del cibo; c’era un solo medico, molti i feriti, i malati, le donne in attesa di partorire…

Ad ogni ora del giorno e della notte continuavano ad arrivare famiglie, anziani o bambini. In quel luogo respiravano un amore che risanava ferite dentro e fuori, che portava a sperare, a perdonare, a trattare gli altri come loro venivano trattati.

A fine gennaio un gruppo di ribelli è penetrato nella cittadella… Dopo momenti di grande sospensione sono stati accolti e dato loro del cibo, un luogo dove lavarsi, un letto per riposare… Questi soldati, alcuni giovanissimi sembrava avvertissero il clima di fratellanza che si respirava tra tutti e, come per miracolo, non si è verificato nessun incidente, non solo: hanno offerto la loro protezione.

Occorreranno tempo e altre sofferenze, forse, perché il mio Paese, come altri, arrivi a una pace stabile. Vi chiedo perciò di ricordarvi anche del mio popolo. Grazie.

 

 

 

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Ho vissuto dalla mia infanzia, in un clima di guerra: quella con l’Iran (per dieci anni), poi quella del Golfo nel ’91.

Siamo stati sotto le bombe per poi finire in una assoluta povertà a causa dell’embargo.

Il mio popolo vive nella paura, nell’angoscia, perché ogni giorno arrivano notizie peggiori, ogni giorno la preoccupazione aumenta per un nuovo possibile attacco armato. I bambini sono schiacciati dal terrore e i giovani vedono davanti a sé solo un orizzonte di guerra.

Oggi il dramma della guerra si ricrea di nuovo, di nuovo si presenta davanti a me. E mi faccio molte domande: che cosa significa questa vita?, qual è il valore dell’uomo?, che posto ha nel mondo?

In fondo alla mia anima, però, all’anima di moltissimi nel mio popolo, nonostante tutto, risuona qualcosa di molto sottile... E’ una speranza che viene da molte parti, con le moltissime iniziative di preghiera, con i digiuni suscitati dall’appello del Papa e da tutto ciò che con forza lui e tanti altri stanno facendo per la Pace.

Poi le manifestazioni di solidarietà per affermare la assoluta necessità di pace, come questa vostra di oggi, nei confronti del mio popolo.

Tutto questo è per noi una grandissima speranza e consolazione!

Penso che per me… voler vivere come cristiano mi dà la forza di andare avanti, cercando di vivere anche per gli altri.

Così, con altri miei amici, abbiamo cercato di fare di tutto per alcune famiglie del Nord e del Sud del Paese che avevano perso ogni cosa a causa dei bombardamenti…

E’ una situazione, che non si può immaginare…

Siamo anche riusciti lavorando fuori orario, coltivando l’orto, ecc. a mettere insieme un po’ di soldi per popolazioni ancora più bisognose di noi. E l’Eterno Padre, in modo incredibile, non ci ha fatto mancare nulla.

Mi commuove essere oggi qui, in questa città di Trento, dove in mezzo alla distruzione della seconda guerra mondiale, sotto le bombe, è nato da Chiara Lubich e dalle sue compagne l’Ideale dell’Unità.

Anch’io voglio spendere la mia vita per contribuire ad un mondo diverso, che vive unito, in pace.

Muhannad

 Iraq

 

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Ivana

New York

Oggi sono qui per darvi un po’ di quello che ho dentro, la grande voglia di un mondo unito e pieno di pace.

Camminando per le strade di Boston, dove studio, quel terribile 11 settembre ho visto per la prima volta nel nostro Paese una grande paura. Le persone si sentivano perse, deluse e terrorizzate a “casa loro”.

Ho pensato tanto a quello che è successo, a quello che può succedere ancora…

Ho capito che al mondo serve più amore.

Purtroppo non tutti sono d’accordo. C’è una grande disinformazione su come stanno le cose nelle altre parti del mondo fuori dagli Stati Uniti… C’è chi addirittura vuole vendetta. Ma cosa si conclude con l’odio? NULLA! Così il mondo non cambierà mai!

Vengo da una nazione costruita da diverse culture, religioni, popoli. Dopo l’11 settembre c’è tanta tensione e diffidenza verso chiunque abbia lineamenti mediorientali… E questo mi fa soffrire…

Io e tanti altri ci siamo dati un’altra regola: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te…, non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”.

Proprio pensando ai Paesi che soffrono nel mondo a causa delle guerre abbiamo trovato il modo di raccogliere fondi per loro, pulendo giardini, lavando macchine, vendendo dolci cucinati da noi… E a lavorare insieme siamo giovani di diverse nazionalità e religione. Questa diversità è l’America!

Di fronte alla sfiducia che si respira verso ciò che è islamico abbiamo intensificato questa reciproca amicizia. Immaginatevi 709 cristiani bianchi accolti dall’Iman nella moschea di Haarlem, nel cuore di Manhattan, frequentata esclusivamente da musulmani neri!!!

Questo, come altri, è stato un momento molto emozionante e costruttivo, di tanta gioia e speranza: perché se lo possiamo costruire tra pochi perché non possiamo pensare che sia possibile fra molti molti di più?

In questi ultimi tempi, di fronte ai venti minacciosi di guerra che vogliono scardinare ogni possibilità di pace, c’è un’altra parola forte per noi giovani: PREGHIERA.

Per esempio ogni mercoledì dedichiamo un’ora per pregare insieme per la pace, per chiedere a Dio di intervenire e cambiare il cuore e la mente dei nostri governanti in vista del bene più grande: la PACE.

Grazie a voi tutti di esserci!

 

 

 

 

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Se credi che chi riunisce gli uomini

è più importante di chi li divide.

Se sai guardare l’altro

con un po’ d’amore.

Se sai preferire

la speranza al sospetto.

Se ritieni che spetta a te

fare il primo passo

piuttosto che all’altro.

Se puoi rallegrarti

della gioia del tuo vicino.

Se l’ingiustizia che colpisce gli altri

quanto quello che subisci tu.

Se per amore sai donare

gratuitamente un po’ del tuo tempo.

Se credi che un perdono

va più lontano di una vendetta.

Se sai ascoltare l’infelice

che ti fa perdere il tuo tempo

e gli serbi il sorriso.

Se sai accettare la critica

e cerchi di trarne profitto.

Se la collera è per te una debolezza

non una prova di forza.

Se ti metti dalla parte del povero e dell’oppresso

senza passare per un eroe.

Se non “raccogli il sasso”

ma lasci cadere l’offesa.

Se perdoni di cuore e consideri

le persone per le quali hai sofferto

strumenti preziosi

usati da Dio per farti crescere.

Se credi che l’amore è la sola forza

che conquista e costruisce.

Se credi che la pace è possibile

perché chiesta umilmente a Dio….

 

….allora la pace verrà.

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